Nell’intesa infatti non si parla di numeri sulla riduzione delle emissioni di gas serra, né a medio né a lungo termine. Ma solo di contributi ai Paesi in via di sviluppo per incrementare le tecnologie verdi.
[da corriere.it]
Secondo fonti che hanno partecipato ai negoziati, sarebbe pronta una bozza d’accordo che, già sottoposta a esperti di 26 Paesi, sarà oggi sottoposta al plenum dei capi di Stato.
Il documento mirerebbe a contenere nei 2 gradi centigradi (sui livelli pre-industriali) l’aumento globale della temperatura, e prevederebbe un piano di finanziamento progressivo per i paesi meno sviluppati che nel 2020 raggiungerà i 100 miliardi.
Tuttavia, rimane ancora insoluto il nodo più importante dell’accordo: il taglio alle emissioni. Cina e India, che si impegnerebbero a misure “volontarie”, non sembrano disponibili a consentire ispezioni esterne e, dunque, a partecipare a un progetto di verifica comune degli impegni. In questo senso, c’è grande attesa per l’intervento di Barack Obama. Il presidente, dopo il discorso, incontrerà personalmente Wen Jiabao.
Sul sito de «Il Sole 24 Ore» è stata pubblicata la bozza dell’accordo.
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Trenta milioni di dollari in cinque anni: questo il contributo dell’Italia al progetto ‘Climate Redi’ in cooperazione con gli Stati Uniti. A presentare il progetto il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, insieme al Segretario di Stato Usa all’Energia, Steven Chu, oggi a margine del 15/o vertice Onu sul clima.
[dal comunicato dell'ANSA]
Ne parla, fra gli altri, «Il Sole 24 Ore»
La collaborazione tecnologica è compresa nell’ambito del lavoro che sta svolgendo il Mef, major economy forum, e vede partecipare anche altri paesi. L’obiettivo è accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabili nelle zone del mondo meno industrializzate, nel diffondere l’efficienza energetica nel mercato mondiale degli elettrodomestici, facilitare i progetti di tecnologie sostenibili attraverso scambio delle informazioni.
Ieri è stata presentata a Copenhagen la ricerca condotta dall’associazione tedesca, con la collaborazione delle associazioni della rete CAN Europe (Climate Action Network) e, per l’Italia, di Legambiente. Sebbene la classifica sia certo provocatoria e, per ammissione degli stessi promotori, abbia anche o soprattutto il fine di esercitare “pressione” sui paesi più in ritardo sulle politiche ambientali (tanto che il podio, in tutte le edizioni, è sempre rimasto vacante) tuttavia la posizione ottenuta dall’Italia, 44ª su 57 paesi, non è lusinghiera.
L’analisi, rivolta alle nazioni che contribuiscono a più del 90% delle emissioni globali di CO2, si basa sostanzialmente sugli indicatori di emissioni-serra, sulle loro tendeze al rialzo/ribasso, e sulla valutazione delle politiche climatiche adottate dalle nazioni.
La ricerca è consultabile sul sito ufficiale di Germanwatch: Legambiente ha pubblicato ieri un commento ufficiale.
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Ricordiamo che i lavori dello United Nations Climate Change Conference 2009 possono essere seguiti in diretta sui principali social network.
Inoltre, per chi sia curioso sull’origine del cosiddetto COP15, greenme ne ha pubblicata una breve storia.
Ha inizio a Copenhagen lo United Nations Climate Change Conference 2009 (7-18 dicembre). E Barack Obama ha annunciato che interverrà in occasione della chiusura dei lavori, in modo che la «leadership americana possa essere più produttiva»